Da un post di FB del Maestro di Judo Claudio Sanna

Giusto! Riflettiamo. Kano fu certamente un innovatore in molti campi, in particolare in quello dell’educazione fu un “visionario”, nel senso che seppe vedere lontano, tanto che oggi lo riconosco come un precursore se metto a confronto il suo pensiero con le indicazioni più attuali dei teorici dell’educazione sostenibile. Egli ebbe indubbiamente profondo rispetto per il passato, per la tradizione, per le scuole e i maestri del jujitsu (ma anche arte, musica, teatro, danza..). L’ha dimostrato scrivendo prefazioni a libri di jujitsu, invitando i vecchi maestri alle cerimonie di inaugurazione dei vari dojo del Kodokan, inserendoli anche, a pieno titolo, nelle commissioni tecniche che presiedette per il Butokukai. Non si limitò ad una contemplazione ossequiosa della tradizione ma praticò e studiò senza sosta, attenendosi ad un’idea di cultura che riconosceva il valore delle cose buone realizzate in passato mentre al contempo scartava quelle cattive. Costruì il suo Judo attingendo molto dal jujitsu e non perdendo mai occasione di chiarire pubblicamente le grandi differenze tra l’uno e l’altro. Mi azzardo a dire che senza la sua figura ed influenza nella costruzione del nuovo Giappone, il jujitsu sarebbe scomparso. Sono d’accordo sulla necessità di adattare il judo ai tempi e alle culture che cambiano, ciò non significa che debba essere modificato il fine ultimo,l’impianto dell’arte come principio di vita, la proposta della Via educativa che porti al servizio all’umanità. Si potrà forse ignorarlo, di certo non potrà essere cancellato. Jigoro Kano ci ha dato un esempio, ha tracciato una strada, parlando appunto del Do, la Via che mira all’autorealizzazione personale in funzione del bene collettivo. Mettere il piede in questa Via significa aver fiducia che, con il dare, c’è sempre la possibilità di diventare migliori, in modo tale da poter dare ancor di più. E’ un’ideale, una via di crescita spirituale che chiede di prendere posizione. Non ritengo sia un errore diventare partigiano di un’ideale (Cesare forse avrebbe detto: “servo dell’ideale”). Piuttosto l’errore può essere quello di non accettare dialogo e confronto ritenendosene al di sopra.
E parliamo del nostro mondo, quello del Judo di oggi. Perché mai il riaffermare che il Judo è una Via educativa e non uno sport dovrebbe avversare qualcuno? La mia idea, quella dell’Associazione Italiana Sport Educazione, è che i sostenitori dell’interpretazione del Judo come un moderno sport di combattimento abbiano deviato dalla Via Maestra indicata dal fondatore, perdendone di vista l’obiettivo finale. E’ come se, cominciando a costruire una casa, trascurassimo di avere un’idea progettuale su come edificarne le pareti e, senza neppure prevedere il tetto, ci fermassimo alle fondamenta e al primo pavimento. Noi affermiamo esattamente questo concetto e non ci sottraiamo al dialogo e al confronto. Per far comprendere meglio il nostro convincimento abbiamo dovuto dare un nuovo nome al Judo di Kano, chiamandolo dapprima Judo Tradizionale e poi Judo Educazione. Abbiamo sentito la necessità e l’urgenza di evidenziare quello che ci differenzia dal Jusport, fornendo però modelli di formazione degli educatori, modalità di svolgimento dei Tornei Studenteschi, realizzando progetti nel sociale davvero esemplificativi.
Certo il punto di partenza è stato lo studio e l’approfondimento del pensiero di Kano. ma credo che la Via educativa da lui proposta, sia stata correttamente interpretata e attualizzata. Si, l’obiettivo del servizio alla società oggi può esplorare nuove esigenze intervenendo a favore di disabili, di emarginati, di bambini in difficoltà di apprendimento e in favore della promozione di salute ed energia nelle persone anziane. 
Restano aperte ancora tante possibilità di attualizzazione. Nel considerare il principio filosofico espresso da “tutti insieme per crescere e progredire”, per esempio, penso che oggi andrebbe chiarito come interpretare il concetto di “crescita” e quello di “progresso”.
Vedendo le cose da un altra angolazione mi sembra sia possibile affermare che un vero atteggiamento di chiusura sia stato adottato dal Jusport. Ci sono stati periodi in cui era a rischio di squalifica, per i maestri federali, partecipare alle conferenze e ai congressi di Barioli. Alcuni hanno partecipato comunque, per l’antica e solida amicizia nei suoi confronti, ma l’atteggiamento generale è stato di snobbarne le iniziative tenendosene lontani. Osservo che il prof. Tribuzio assegna un valore negativo al termine “partigiano”, in quanto soggetto che è di parte. Ma è nel mondo del Jusport che ho potuto osservare la “sufficienza” dovuta alla certezza che in un confronto in combattimento il Judo educazione scomparirebbe di fronte al Jusport. Lo stesso mondo dove ho sempre visto riconoscere potere e prestigio a chi mena più forte, a chi ha vinto qualche campionato. Lo stesso mondo dove ho visto emettere sentenze di “giustizia sportiva” semplicemente ridicole nel silenzio e nell’indifferenza generale; dove i presidenti della federazione rimangono in carica per decenni grazie ad un indecoroso sistema di attribuzione dei gradi e di assegnazione degli incarichi; dove vengono chiamati come aggiornatori, una volta l’anno, gli ex campioni i quali si limitano a mostrare uno speciale che potrà essere ripetuto solo da pochissimi atleti al mondo. 
E’ il mondo che ritiene di aver aperto al Judo Tradizionale avviando le gare di Kata. 
E’ quello il mondo che ci considera “avversari”. Forse giustamente visto che, in alternativa al sistema, auspichiamo modelli organizzativi e gestionali profondamente diversi.
Caro prof.Tribuzio, personalmente mi sento partigiano dell’utopia educativa di Kano, sono pronto e disponibile all’idea “tutti insieme per crescere e progredire”… però intelligentemente ragazzi (come diceva Cesare), col “miglior impiego dell’energia” e in vista di un obiettivo nobile. Anche allo stadio sono tutti insieme, e non certamente nel modo che intendo io. 
Non si tratta di riempirsi la bocca di parole. Il principio morale è molto più alto, tanto alto da consentire di percorrere tratti di strada anche con gli “avversari”, con i quali ritengo assolutamente importante confrontarsi partendo dall’affermazione sincera delle proprie convinzioni. Battersi per l’affermazione delle proprie idee non significa essere nemici, può starci l’essere “avversari”.
Il combattimento vero è quello contro le negatività della vita

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